DOLORE LOMBARE: APPROCCI OSTEOPATICI A CONFRONTO
Il dolore lombare, specialmente se cronicizzato, ha una difficile collocazione sia diagnostica che terapeutica. L’osteopata può intervenire scegliendo o miscelando vari modelli d’approccio.
Una tipologia di trattamento può essere quella basata sulla relazione neurologica presente tra l’area lombare e quella sacrale.
Le fibre nervose che fuoriescono dalle vertebre a questi livelli, anastomizzandosi tra loro, vanno a costituire due plessi: il plesso lombare, composto dalle radici nervosi a partenza dalla dodicesima vertebre dorsale, fino alla quarta vertebra lombare, e il plesso sacrale, le cui fibre emergono dalla quarta vertebra lombare fino alla seconda sacrale.
I nervi composti da tali radici vanno ad innervare le differenti strutture della regione lombare, sacrale e degli arti inferiori, creando una correlazione neurologica tra di esse.
L’osteopata, per il dolore lombare, può quindi decidere di agire sull’area sacrale, relazionandola con le ossa iliache, al fine di ristabilire l’equilibrio tensionale non solo a questo livello, ma anche nella zona lombare. Le disfunzioni di movimento a livello del cingolo pelvico sono molteplici, alcune delle quali sono spesso associate ad uno squilibrio muscolare dello psoas e del piriforme.
Un esempio di tecnica utilizzabile è la cosiddetta tecnica ad energia muscolare, basata su principi neurofisiologici dell’innervazione reciproca, per cui la contrazione di un muscolo determina il proporzionale rilascio del suo antagonista. Nella fattispecie, è possibile agire sui muscoli del cingolo pelvico e della zona lombare, al fine di ristabilire una corretta mobilità articolare e la conseguente diminuzione del dolore a livello lombare, per le relazioni neurologiche sopracitate.
Un ulteriore metodo di approccio a tale sintomatologia può essere basato su un modello circolatorio, il quale considera il paziente da punto di vista del flusso sanguigno e linfatico. Ad esempio si può considerare la relazione anatomica tra i vasi mesenterici e l’area lombare. Questi vasi infatti, partendo a livello delle vertebre lombari, si diramano verso l’intera area intestinale. In particolare, l’arteria
mesenterica superiore irrora la prima porzione del quadro colico, mentre quella inferiore la restante parte.
La disfunzione osteopatica a livello viscerale, è dettata da una restrizione di mobilità tissutale e, nella fattispecie, da un’alterazione emodinamica. Data la relazione esistente, una disfunzione a livello dell’area colica può portare quindi ad un’ alterazione emodinamica locale ed una conseguente modificazione dell’area somatica circostante.
L’osteopatia, perciò, può intervenire utilizzando una tecnica sul tessuto connettivo disfunzionante, al fine di liberare le tensioni e ristabilire l’equilibrio omeostatico temporaneamente alterato.
Infine, il modello biomeccanico è un diverso approccio che l’osteopata può seguire durante il suo iter valutativo e di trattamento.
L’inquadramento biomeccanico conduce l’osteopata a valutare le possibili limitazioni di mobilità inerenti tutta la struttura del paziente. Una volta inquadrate le possibili disfunzioni somatiche, si può procedere con varie tecniche: articolatorie, M.E.T, o HVLA. La manipolazione vertebrale ad esempio, che rientra nel novero delle tecniche dirette HVLA, agisce prendendo contatto con la vertebra in disfunzione, e applicando un piccolo stimolo che andrà a re-informare il sistema nervoso neurovegetativo, dando in questo modo, la possibilità all’organismo di integrare nuovamente quel segmento vertebrale precedentemente disfunzionante.
Alla rivalutazione della struttura, se la tecnica e l’iter valutativo sono stati ben condotti, la limitazione “strutturale” non sarà presente, e il paziente, in tempi dipendenti dalla sua capacità di adattamento, non sentirà più il disturbo o la limitazione vertebrale in questione.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
• Principi di medicina manuale, P. E. Greenman, L. Destefano.
• Osteopatia in campo viscerale. L’addome. R. Pagliaro